Saranno cancellate 110 scuole in Campania: è questo il risultato del piano di dimensionamento scolastico 2023-24 varato dal Governo nei mesi scorsi.
Secondo la Flc Cgil Campania di questo passo il rischio è la distruzione della scuola pubblica in Campania. “Passeremo dagli attuali 981 istituti a circa 870. – spiega il segretario Ottavio De Luca – Significa meno presidi, meno personale e scuole più affollate. In una città come Napoli ci troveremo mega-strutture che conterranno 1.200 studenti”.
Dimensionamento significa che le scuole vengono valutate per una serie di parametri e quelle che non hanno un certo numero di alunni o di classi possono essere accorpate ad altri istituti o, addirittura, soppresse.
Le Regione è stata costretta a seguire le indicazioni della legge finanziaria del Governo e a dicembre ha deliberato il dimensionamento. Solo nel Napoletano già si contano sei soppressioni (due a Casavatore e quattro a Sant’Antonio Abate) e otto accorpamenti (sette a Napoli e una a Ercolano). Ma la situazione potrebbe ancora peggiorare con ulteriori tagli. E poco conta se le suddette scuole lavorano in contesti difficili, di marginalità sociale, dove la scuola diventa l’unico barlume di luce.
Lo spettro dell’autonomia differenziata arriva anche in aula: “Se la scuola diventa una competenza regionale – afferma il segretario regionale della Flc Cgil – vorrà dire che regioni più ricche potranno investire di più, mentre i nostri ragazzi studieranno in plessi fatiscenti, con poco personale. Quindi, alla fine, saranno meno preparati”.
Alla base di tutto, come sempre, ci sono i soldi, e il tentativo di tagliare servizi fondamentali: “La scuola ha bisogno di investimenti – prosegue De Luca – non può essere trattata con i numeri. Ci sono aree di Napoli dove una scuola dovrebbe restare aperta anche con pochi alunni, senza pensare ai soldi”. Gli ultimi tre ministri dell’Interno, Salvini, Lamorgese e Piantedosi, hanno individuato in città un’emergenza giovanile, legata a fenomeni di disagio sociale e criminalità. Tutti hanno indicato la necessità di un piano educativo speciale. Parole che cozzano, poi, col taglio delle scuole: “Parlare di povertà educativa e poi non si investe vuol dire parlare del nulla” conclude Ottavio De Luca.
Intanto oggi, la giunta regionale della Campania ha approvato una delibera attraverso la quale procedere all’impugnativa dinanzi alla Corte costituzionale delle disposizioni previste dalla del 28 dicembre 2022 sul dimensionamento scolastico. Lo aveva annunciato ieri il presidente della Regione Vincenzo De Luca, durante la manifestazione organizzata alla Stazione marittima di Napoli. “La Campania promuove una mobilitazione di massa che vogliamo estendere a tutta Italia per difendere la scuola pubblica. Un passo alla volta ci stiamo avvicinando all’obiettivo di privatizzare anche la scuola pubblica che, insieme alla sanità, resta il principale servizio di civiltà del nostro Paese” aveva detto il presidente della Regione Vincenzo De Luca.
La popolazione scolastica nel giro di 10 anni passerà dagli oltre 8 milioni attuali a meno di 7 milioni: questa forte decrescita, insieme ai vincoli imposti dall’Ue con il Pnrr, è il motivo per il quale la Legge di Bilancio ha previsto una norma sul cosiddetto dimensionamento scolastico con un taglio calcolato di sedi e organico che avranno effetto principalmente a partire dal 2024/2025 ma che farà sentire i primi effetti già dal prossimo anno scolastico. Le fusioni, per il 70%, sono concentrate nel Mezzogiorno, in particolare Campania, Sicilia, Calabria, Puglia, Sardegna, a causa del calo demografico e di una situazione preesistente più complessa. Secondo alcune stime non ufficiali, tra le Regioni più penalizzate ci sarebbe proprio la Campania, con oltre 140 fusioni, accompagnate da tagli di personale e di dirigenti scolastici. Segue la Sicilia con 109 accorpamenti, poi la Calabria con 79, la Puglia con 66, la Sardegna con 45, il Lazio con 37. La tabella proposta è sul tavolo della Conferenza delle Regioni per trovare un’intesa entro maggio, altrimenti il ministero dell’Istruzione deciderà entro giugno. Il ministro Giuseppe Valditara a fine novembre, quando aveva presentato la riforma del ministero, aveva chiarito che se il suo dicastero non fosse intervenuto si sarebbe arrivati a una disciplina più penalizzante per 90 posizioni di dirigente scolastico e direttore amministrativo e che la norma proposta non prevede chiusure di plessi scolastici, ma l’efficientamento della presenza della dirigenza sul territorio, eliminando l’abuso della reggenza. “Si scrive dimensionamento scolastico ma si chiamano tagli. Far passare i tagli previsti dalla legge di bilancio come scelte coerenti con gli obiettivi del PNRR e misure volte all’eliminazione del fenomeno delle reggenze è ridicolo”, ha detto Francesco Sinopoli, segretario generale Flc Cgil. Spiega Cristina Costarelli, che guida i presidi del Lazio: “E’ vero che con la norma del dimensionamento non vengono chiusi i plessi ma viene modificata la grandezza dell’istituzione scolastica: prima era possibile anche con i numeri bassi tenere aperte le cosiddette sedi sottodimensionate; nella previsione di questo nuovo assetto non ci sarebbero più e verrebbero costituite sedi scolastiche più grandi”.